Gli scandali, purtroppo alcuni veri e altri presunti, che stanno travolgendo la credibilità di alcune Regioni italiane – dal Piemonte alla Sicilia, dal Lazio all’Emilia alla Lombardia – non possono trasformarsi nell’ennesimo, e ormai del tutto scontato, attacco alla politica, ai partiti e alle istituzioni.
Certo, i reati – se ci sono e quando ci sono – vanno perseguiti senza tentennamenti e senza attenuanti. A maggior ragione se questi reati vengono commessi da rappresentanti del popolo eletti nelle istituzioni per servire il popolo. Almeno così si diceva un tempo.
Il nodo, tra i tanti, che richiede adesso un doveroso e necessario approfondimento, è quello di come ridare credibilità alla classe dirigente – a cominciare dalla nostra classe dirigente – eletta nelle istituzioni; come restituire credibilità ai partiti e, soprattutto, come ridare la giusta e indispensabile centralità alle istituzioni. Insomma, la questione morale che è nuovamente scoppiata attorno ai fondi destinati ai gruppi politici nelle varie Regioni adesso va affrontata e risolta ridando smalto, prestigio e autorevolezza alla politica.
Ora, forse, c’è qualcuno nel PD che pensa, a mio parere stupidamente, che il tutto si può risolvere ricorrendo alle primarie. Al dio primarie, strumento salvifico e miracolistico che tutto risolve e tutto santifica. Come molti sanno, tranne gli invasati del momento, non passa attraverso quella via la “bonifica” della politica e la “qualità” della nostra classe dirigente. Il deficit di credibilità della politica e la verticale caduta di credibilità della rappresentanza democratica richiedono risposte forti, convincenti e capaci di rassicurare la pubblica opinione che nella politica non sono “tutti ladri”. Ci sono i mascalzoni, gli approfittatori, a volte i ladri, ma la stragrande maggioranza degli eletti nelle istituzioni sono persone normali che cercano di fare il proprio lavoro senza avere come finalità quella di piegare le istituzioni alle proprie convenienze e ai propri affari. Pertanto, la vera sfida politica, culturale ed etica, è oggi quella di recuperare sino in fondo il monito che Pietro Scoppola lanciò negli anni ’90 di Tangentopoli, quando invitava la classe politica a recuperare nella propria azione politica quotidiana “la cultura del comportamento e la cultura del progetto”. Insomma, un binomio che resta decisivo per ridare credibilità alla politica ma soprattutto per ridare autorevolezza alla cosiddetta classe dirigente. Quando c’è una crisi della politica, non bisogna rifugiarsi nelle regole, nel moralismo o nella demonizzazione qualunquista che tutti conosciamo bene. La difficoltà maggiore, sempreché riteniamo che la politica non possa e non debba essere appaltata e gestita solo dalla tecnocrazia del momento – come è capitato puntualmente dopo la crisi del berlusconismo – è quella di ritornare a essere credibili attraverso il comportamento e la proposta politica.
Questa è la vera sfida politica e culturale. Soprattutto per un partito come il PD che coltiva l’ambizione non della “diversità” ideologica o moralistica ma del rispetto delle regole come discriminante della sua coerenza e fedeltà ai principi costituzionali. Una sfida che non va confusa con il nuovismo e con la carta di identità. A volte proprio dietro la bandiera nuovista si nascondono disegni inconfessabili e loschi. In virtù del fatto che la novità, e chi presume di interpretarla in modo esclusivo, è di per sé intoccabile e infallibile.
Al di là del nuovismo, di cui è sempre consigliabile diffidare, adesso si tratta di verificare se la questione morale scoppiata in modo virulento nella politica italiana la si affronta con l’ennesima ondata moralistica o se, al contrario, c’è una nuova e coraggiosa assunzione di responsabilità politica. Non credo che possiamo permetterci, ancora una volta, di rinunciare a svolgere questo ruolo politico per alimentare l’istinto demagogico e forcaiolo, facile preda dei movimenti che si limitano a cavalcare questa ondata per indebolire la democrazia e i suoi istituti.
In questa difficile fase c’è ovviamente il prossimo programma di governo da costruire. Ci sono le primarie, con plateali ambizioni personali di concorrenti che contrastano il segretario nazionale del PD alla candidatura a premier del centrosinistra. Ma questa fase richiede anche, e soprattutto, quella “cultura del comportamento” e quella “cultura del progetto” che Pietro Scoppola ci ricordava di praticare negli anni ‘90. E non si rivolgeva solo ai cattolici, ma a tutti i sinceri democratici e riformisti.
Una lezione attualissima ancora oggi. Soprattutto oggi. |