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Il lavacro del proporzionale
 
di Alessandro Risso
 

Proponiamo un articolo del nostro Direttore responsabile pubblicato sul sito www.perildomani.it in cui si esprime una tesi semplicissima: per evitare che il nostro sistema democratico venga travolto dall’antipolitica, va affidata agli elettori la responsabilità di scegliere la classe dirigente con il sistema di voto più limpido, il proporzionale con le preferenze.

La riforma della legge elettorale è ineludibile. Andare al voto il prossimo anno con l’attuale sistema che delega ai partiti la scelta degli eletti potrebbe avere effetti devastanti, tra gli astenuti e il voto di protesta riversato sull’incognita del Movimento 5 Stelle. Purtroppo le manovre dei partiti, tutti impegnati – a parole – ad approvare una nuova legge, stanno ristagnando. La melina del PDL, e la sua fuga in avanti sul presidenzialismo, non sono che il puerile tentativo di allungare i tempi per mantenere il “porcellum”, che tanto fa comodo ai partiti padronali, in primis quello ancora comandato da Berlusconi.
Sarebbe importante che le altre forze politiche convenissero su una proposta nuova e credibile. Tutti però faticano ad avere una visione ampia, di respiro costituzionale, e balbettano su piccole logiche di tornaconto personale.
Il PD ha lavorato su alcune ipotesi, poi si è assunto la responsabilità di proporre una soluzione di mediazione capace di raccogliere una ipotetica maggioranza parlamentare. La proposta, presentata in anteprima da Violante e Bressa a marzo a Torino, è stata illustrata benissimo da Francesco Pallante nella relazione che abbiamo pubblicato (e allegata qui in calce all’articolo, ndr). Non aggiungo nulla, ma ne voglio sottolineare la parte iniziale in cui avverte un latente contrasto tra l’impianto della nostra Costituzione e una legge elettorale in tutto o in parte maggioritaria.
A questi dubbi di diritto costituzionale vorrei invece aggiungere alcune considerazioni esclusivamente politiche.

Il discredito, se non vogliamo parlare di disprezzo, che l’opinione pubblica nutre nei confronti dei partiti ha superato il livello di guardia. Una credibilità scesa nei sondaggi a un misero 5% e destinata a diminuire ancora, visti gli ultimi “salvataggi” nei confronti di De Gregorio e Formigoni, e il pasticcio delle ultime nomine alle Autority. Chi non si accorge che la misura è colma, è perché non va di persona a fare acquisti in un negozio o non sale mai su un autobus, magari trovando più comoda l’auto blu. Gramellini ha parlato con una certa amarezza di “dissolvenza della casta”: peccato che la caduta di questa classe politica arroccata su privilegi non più giustificabili – e lo stesso discorso vale per i privilegi delle tante caste corporative che esistono in Italia – rischi di far crollare il nostro impianto democratico. Una prospettiva non apocalittica se pensiamo all’esplosivo abbinamento tra crisi politica e crisi economica.
Sappiamo bene che nei partiti, nelle istituzioni, nelle amministrazioni locali ci sono tante persone perbene, che fanno del loro meglio, con onestà e passione, per gestire la cosa pubblica nell’interesse generale. Ma dobbiamo prendere atto che il vento dell’antipolitica soffia impetuoso, sospinto dai continui casi di malapolitica che le cronache portano alla ribalta.
Se è vero che la malapolitica – come il peccato – c’è sempre stata, è impossibile negare che la seconda Repubblica abbia peggiorato la qualità della classe dirigente. Un certo decadimento dei costumi e del senso civico, favorito dall’indebolimento progressivo delle agenzie educative di base – la famiglia e la scuola – e dai modelli veicolati dalla TV spazzatura, ha favorito anche in politica l’affermazione del fenomeno Berlusconi. L’apparenza e la volgarità hanno avuto premio sulla competenza e sulla sobrietà. Il comico Albanese ha confessato di essere in crisi creativa, dato che i politici reali sono molto più caricaturali del suo Cetto Laqualunque.
Il “porcellum” ideato da Calderoli, uno degli “statisti” di questi ultimi anni, ha contribuito in modo determinante ad abbassare il livello qualitativo dei parlamentari. Per raccogliere il voto di alcune migliaia di elettori, qualche dote bisognerà pur averla. Per essere inseriti in un listino blindato deciso dal capo partito, le migliori qualità richieste sono la cieca fedeltà e l’adulazione. Il resto è un optional, neppure gradito. Non è richiesta neppure la dignità personale, se una maggioranza ha sostenuto con il voto in Aula che Ruby Rubacuori era la nipote di Mubarak.
E se è vero che il “porcellum è stato pensato e voluto dal centrodestra, è corretto sostenere che anche gli altri partiti lo hanno accettato senza troppe storie, PD compreso, IDV compresa. Come possiamo poi dimenticare alcune “illuminate” scelte di Veltroni (Calearo) e Di Pietro (De Gregorio e Scilipoti)?

Oggi è vitale cambiare pagina. La riforma proposta dal PD ha aspetti molto positivi: riduce in modo ragionevole il numero dei parlamentari e abolisce il premio di maggioranza che ha causato quel “bipolarismo muscolare”, di cui ha anche parlato Gianfranco Morgando, che ha dato sempre più peso agli opposti estremismi. Ma come si scelgono i parlamentari? Per eleggerne metà si prevede di ripristinare i collegi uninominali, mentre l’altra metà è ricavata da listini bloccati su cui il cittadino vota per la parte proporzionale.
Qui non ci siamo. I listini saranno compilati con le stesse logiche del “porcellum”, così come siamo stufi di sentir dire che nel collegio uninominale “sceglie il cittadino”: sceglie tra i candidati presentati dai diversi partiti, ma non sceglie il candidato del proprio partito. Abbiamo già vissuto con il “mattarellum” la deludente esperienza dei candidati “paracadutati” nel collegio sicuro, in barba all’opinione del territorio.
Per rigenerare la politica, e rinnovare il patto tra cittadino e istituzioni, occorrerebbe una nuova fase costituente, che lo stesso Bersani ha auspicato. Ci accontenteremmo anche solo di una fase “ricostituente”. Quando la fiducia nei partiti è ai minimi termini, la democrazia si affida agli elettori. Che scelgono in piena libertà i loro rappresentanti. Senza trucchi o paletti. Con un sistema proporzionale puro. Lo stesso che si userebbe per un’Assemblea costituente.
L’Italia ha bisogno di un lavacro purificatore che solo il proporzionale può garantire. La selezione della classe dirigente va affidata in toto al corpo elettorale. È l’unico modo realistico per rigenerare la politica e salvare le istituzioni democratiche.
Cittadini, volete facce nuove? Votatele. Oppure, volete confermare la fiducia ai leader di riferimento? Eleggeteli con il vostro voto. Cosa c’è di più semplice?
Sarebbe auspicabile un sistema simil spagnolo: collegi ragionevolmente piccoli, provinciali o a province accorpate, anche per limitare i costi elettorali dei candidati, dove vengono premiati sia i partiti con una visione strategica nazionale – capaci di raccogliere voti in tutto il Paese – sia le formazioni con un consenso ben radicato in un determinato territorio. Elemento importante in una Italia di realtà regionali assai difformi.
E poi liste di candidati per ogni partito in cui l’elettore sceglie con preferenze multiple chi meglio lo rappresenta. Uomini e donne, politici di lungo corso e persone nuove, amministratori locali e rappresentanti di associazioni, tutti insieme di fronte all’elettorato, l’unico giudice che conta in una democrazia.
Che poi le corporazioni, le cricche, le cosche brighino per far eleggere Tizio e Caio, è un male ineliminabile. Chi vota per il proprio tornaconto esisterà con qualunque sistema elettorale, così come esisteranno sempre degli sciocchi pronti ad essere abbindolati dalle promesse dell’imbonitore di turno. Ma non è possibile estromettere egoisti ed imbecilli dalle liste elettorali. Abbiamo sperimentato che il malaffare è aumentato nella seconda Repubblica del maggioritario, che le cricche si sono ben inserite nel tessuto dei partiti. Certo, il PDL dei Berlusconi, Previti, Dell’Utri, Verdini, Scajola, Papa, Cosentino, Formigoni ecc. ecc. non si può paragonare al ben più onesto PD, che comunque ha avuto i suoi problemi (Penati, Emiliano, Lusi). E non parliamo dei partiti minori, a partire dalla Lega. Ma oggi onesti e disonesti sono per la pubblica opinione un unico calderone indistinto da rifiutare in blocco. La politica, intendendo il sistema democratico incentrato sui partiti, può rigenerarsi solo affidando la responsabilità delle scelte ai cittadini. Lo strumento è il voto, con rappresentanza proporzionale e preferenze. Senza trucchi e senza inganni.
Non sappiamo quali partiti e quali politici si salveranno. Ma salveremo la nostra democrazia.

Documento

Aldo Cantoni - 2012-06-22
Complimenti alla già nota lucidità di Alessandro. Pongo solo due quesiti. Si vuole ridurre il numero dei parlamentari per risparmiare? E allora perchè non ridurre solo gli emolumenti? Noi abbiamo circa 1 deputato ogni 100000 abitanti; quanti sono negli altri paesi europei? Una tabellina sarebbe gradita. E' ovvio che nella logica del porcellum bastano anche solo 200 parlamentari, ma se devono essere rappresentativi gli attuali 630 magari vanno bene. OK invece per Senato e Camera con differenti funzioni.