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Basta con i partiti padronali
 
di Giorgio Merlo
 

La vicenda, squallida e imbarazzante, legata al tesoriere della Margherita Lusi ci obbliga a dar corso definitivamente alle disposizioni previste dall’art. 49 della Costituzione. Certo, resta aperto il tema legato all’irrisolta e perdurante questione morale ma su questo versante, al di là dei controlli necessari e rigorosi, entra in campo anche e soprattutto la trasparenza e la correttezza dei comportamenti dei singoli. Cioè, la dimensione etica delle persone, che non è solo la conseguenza delle regole e dei codici ma risponde soprattutto se non esclusivamente alla coscienza dei singoli.
Su un punto adesso ci vuole chiarezza e la vicenda Lusi ci obbliga a dar seguito ad un aspetto che in questi ultimi vent’anni è stato clamorosamente accantonato. E cioè, come si pratica e si salvaguarda la democrazia interna ai partiti. Ovvero, come si batte definitivamente la degenerazione dei cosiddetti “partiti padronali”. Una degenerazione che ha contagiato profondamente la politica italiana e che, purtroppo, è trasversale e riguarda tutti gli schieramenti politici. Tanto a destra quanto a sinistra. E i partiti padronali sono all’origine della crisi dello strumento partito e del loro radicamento sociale e popolare. Se quello che conta è solo e soltanto il leader incontrastato e inattaccabile, se dalla sua parola e dalle sue decisioni dipendono le scelte politiche, la strategia delle alleanze e la selezione delle candidature, è persin ovvio che l’ideologia democratica si indebolisce progressivamente a vantaggio di una concezione proprietaria e autoritaria della politica. A cominciare, appunto dal profilo e dalla natura dei partiti. È inutile aggiungere, al riguardo, che un sistema elettorale come il “porcellum” è perfettamente congeniale ai partiti padronali: dove la democrazia è un optional da recitare nelle pubbliche assemblee e da sospendere rigorosamente nella dinamica quotidiana. E questo al di là della ridicola ipocrisia che ascoltiamo a giorni alterni proprio da quei capi partito che si scagliano violentemente contro l’attuale sistema elettorale salvo richiedere di andare al più presto alle elezioni anticipate. Guarda caso proprio con l’attuale sistema elettorale…
Ma, al di là di questa scontata considerazione, quello che adesso conta è come rendere praticabile nella concreta dialettica politica italiana la democrazia interna ai partiti. Perché l’unico antidoto alla degenerazione etica e politica dei partiti resta quello di declinare sino in fondo la democrazia interna senza scivolare nel populismo dei leader o nella demagogia delle parole d’ordine. Oggi, purtroppo, registriamo la pesante caduta di credibilità dei partiti e la scarsa volontà dei cittadini di riconoscere in questi strumenti il volano essenziale della partecipazione popolare e democratica. E la reazione concreta a questa situazione è solo quella di obbligare, per legge, il metodo democratico interno ai partiti. Certo, non sono solo le primarie a garantire questo postulato. Soprattutto quando queste primarie sono e restano artigianali, come quelle che pratica il PD, unico partito italiano che si è incamminato lungo quella strada. Un percorso che, come tutti sappiamo, non è esente da contraddizioni e da concreti rischi di inquinamento, come le enormi spese per sostenerle da parte dei singoli candidati e le infiltrazioni di ambienti equivoci, se non legati a poteri oscuri interessati al risultato finale. No, la democrazia interna ai partiti e la lotta contro i “partiti padronali” non passa solo attraverso l’uso e il ricorso alle primarie anche se sono uno strumento importante, anche se non l’unico o il migliore, per selezionare la classe dirigente a tutti i livelli.
È proprio dalla vicenda Lusi e dalla crisi strutturale dei partiti che può partire la guerra definitiva contro i “partiti padronali” e tutto ciò che rappresentano nel panorama politico italiano. Basta con il nome del leader nel simbolo del partito, basta con organi di partito che vengono consultati per ratificare scelte già assunte, basta con la “democrazia dell’applauso” per eleggere il “capo”, basta con il cesarismo dei partiti.
Se questa battaglia sarà condotta sino in fondo senza ipocrisie e infingimenti ci potrà essere un rilancio della democrazia e un recupero di credibilità dei partiti.
Se questo non capiterà, dovremo prendere amaramente atto che tutto il dibattito sulla riforma della legge elettorale e sulla democrazia interna ai partiti risponde solo e soltanto alla legge dell’ipocrisia.


giuseppe cicoria - 2012-02-07
Bipolarismo - "leaderismo" - furto delle risorse pubbliche - porcellum - rivoluzione (cruenta o morbida) - FASCISMO. Questo è il percorso e il traguardo finale inevitabile che si avvicina per colpa di una classe politica avida, incapace, autoreferenziale. Spero di essere pessimista ma purtroppo le tue parole vengono recepite solo come... parole! L'unica speranza (vana) è che questi partiti vengano AZZERATI e si lasci crescere qualcosa di nuovo che forse si intravede nei vari movimenti nascenti. Non è vero, poi, che i cittadini hanno scarsa volontà nel richiedere etica e democrazia interna nei partiti. La tua affermazione mi sembra voglia addirittura ribaltare le responsabilità di questo stato di cose agli stessi cittadini. Un fatto deve rimanere fermo: le colpe sono solo ed esclusivamente dei partiti e di chi li comanda!
Aldo Cantoni - 2012-02-07
Sarebbe bello che una legge stabilisse le regole della vita interna di un partito. Chi dice che ciò limiterebbe la libertà di pensiero è simile a quel tale che sosteneva che il codice della strada limita la libertà di spostamento dei cittadini. Ma per accettare il buon senso del tuo articolo bisogna attribuire al metodo democratico un valore che credo oggi sia poco apprezzato da quelli che davvero comandano nei partiti. Il problema è dunque: come fare una rivoluzione (non violenta, per carità) che smuova il "conservatorismo" delle attuali prassi?
Franco Pastacaldi - 2012-02-06
Caro Merlo, sono un tuo compagno di viaggio da tanti anni, ed oggi, sono francamente stanco e stufo di credere che qualcuno di voi eletti (che non vi accorgete mai di quello che vi capita intorno) possa cambiare quest'ordine di cose. Le occasioni e il tempo per farlo l'hai avuto. Con questo non dico che porti colpe dirette ma sei comunque corresponsabile del fallimento per non aver capito e denunciato ciò che era evidente all'esterno. In qualità di ex elettore della Margherita (area Popolari) mi sento fregato due volte.
Mario Cassardo - 2012-02-06
Caro Giorgio, sono completamente d'accordo con te, vorrei però aggiungere che per superare i partiti padronali si dovrebbe tornare al capillare reclutamento dei militanti attraverso il tesseramento diffuso e non soltanto in vista dei congressi e in modo funzionale ai gruppi di potere e al capo bastone di turno. Pensa che il sottoscritto da quando non ha più incarichi istituzionali non è più stato contattato né convocato da nessuno del Partito come se tutti avessero perso il mio numero di telefono. E naturalmente nessuno si è chiesto come mai da qualche anno non ho più rinnovato la tessera del PD. Per fortuna continuo a ricevere Rinascita Popolare che apprezzo molto e che mi mantiene in qualche modo inserito nel dibattito politico.
franco maletti - 2012-02-06
La "ultima che hai detto". E allora cominciamo dai Circoli del PD.