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Verba manent
 
di Alexis de Tocqueville
 

La Lega Nord fa sempre molto discutere. La raccolta di dichiarazioni e uscite sconvolgenti dei leader leghisti è ormai lunghissima. Spazia dalla superiorità etnica dei padani al tricolore da usare come carta igienica, dai 300.000 bergamaschi pronti a imbracciare il fucile al “Sono Porci Questi Romani”. Ultime della serie il “Fora dij ball”, sintesi del pensiero di Umberto Bossi sugli immigrati, e il gentile “Fatela star zitta a questa handicappata di merda”, rivolto dal deputato (il titolo di “onorevole” pare qui poco appropriato) leghista Adriano Polledri alla collega democratica Ileana Argentin, disabile costretta in carrozzina.
Possiamo accettare che si tratti di provocazioni, di volute esagerazioni, di “voci dal sen fuggite” nella concitazione della polemica parlamentare?
Le parole pesano. Uccidono più della spada, secondo il proverbio. Se è pur vero che il cane che abbaia non sempre morde, generalmente è sbagliato lasciar correre certe sparate come una veniale ragazzata, rubricandole tra innocue manifestazioni folkloristiche. La storia insegna che i fatti peggiori non accadono all’improvviso, non sono fulmini a ciel sereno. A volte bisogna saper leggere eventi premonitori. Altre volte basta saper leggere. In senso letterale. Hitler nel 1924 approfittò della reclusione nel carcere di Landsberg per fissare su carta le sue idee, poi raccolte nel Mein Kampf. Parlò della superiorità della razza ariana, degli ebrei come il male assoluto della nazione tedesca, della necessità di conquistare uno “spazio vitale a est”. Il regime totalitario, la persecuzione e la Shoah, l’invasione della Polonia e dell’Unione Sovietica arrivarono a ruota, dopo alcuni anni. Tutto però era già stato detto e scritto.
Non sempre “verba volant”. Spesso le parole peggiori vengono fissate per iscritto, rimangono nelle teste e si tramutano anche in fatti concreti. Conviene vigilare sul “fenomeno Lega”. Non si sa mai.

Della rubrica FARDELLI D'ITALIA