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L’antidoto contro il populismo
 
di Aldo Novellini
 

Uno spettro si aggira per l’Europa, anzi per il mondo, ma non è il comunismo evocato a suo tempo da Karl Marx. Lo spettro attuale, un virus che sta contagiando tutti, è invece una sorta di radicalismo populista. L’idea che soluzioni estremiste e demagogiche possano rappresentare la risposta alle questioni che ci stanno di fronte.
Esempi di questo genere ce ne sono parecchi, a cominciare dagli Stati Uniti ove un pugno di populisti repubblicani del movimento del Tea party, sta praticamente tenendo in scacco il presidente Obama per far fallire la contestata riforma sanitaria. E per raggiungere questo obiettivo, di per sé legittimo come in democrazia lo è qualsiasi dissenso politico, si sceglie deliberatamente la minaccia più draconiana: minare il bilancio dello Stato bloccando i fondi per il funzionamento dell’apparato pubblico. Per questioni di lotta politica si colpisce l’intero Paese: un gioco davvero sporco. Ed è proprio questa evidente sproporzione tra il mezzo impiegato, che provoca enormi danni all'intera collettività nazionale, e il fine che si vuol conseguire, ossia la cancellazione di una legge, a dare la misura di questa radicalità.
Viene da chiedersi cosa sia successo allo spirito bipartisan tra democratici e repubblicani che ha sempre alimentato la politica americana, facendone un modello per qualsiasi sistema bipolare. E dove sia andata a finire quella moderazione, di toni soprattutto, che, da Eisenhower fino a Bush padre, ha sempre caratterizzato il Partito repubblicano, alieno, quasi fisiologicamente, a qualsiasi radicalismo proprio per rappresentare al meglio l’America tradizionalista che ama l’ordine e aborrisce qualsiasi estremismo.
Lo stesso accade, per fare un altro esempio, in Israele, ove da tempo la politica è dominata da governi estremisti che non solo paiono aver beatamente mandato in soffitta il processo di pace con i palestinesi ma che giungono addirittura a mettersi apertamente di traverso quando all’orizzonte, come sta accadendo tra Iran e Stati Uniti, si profilano scenari meno bellicisti del solito.
In pratica siamo di fronte a una deriva estremista che riduce gli spazi per le normali opzioni moderate, volte al dialogo e al compromesso, rimuovendo gli ostacoli ideologici in nome del bene comune. Si assiste al crescere di un radicalismo populista che alligna sempre più nelle nostre democrazie, ponendo seriamente a rischio la coesione sociale. La ventata di estrema destra che sta attraversando l’Europa è di questa natura. E in fondo, pur non essendogli esattamente sovrapponibile in termini ideologici, nello stesso berlusconismo si ritrova qualcosa di simile, per lo meno in quella continua demagogia, sulla riduzione delle tasse soprattutto, che illude i cittadini senza però risolvere i reali problemi del Paese. Anzi, giungendo persino ad attizzarli.
Come uscire dunque da questa situazione che mette a rischio la nostra coesione sociale e forse la nostra stessa convivenza civile?
Un primo dato su cui riflettere è il seguito elettorale di questi movimenti estremisti. Essi non sono certo maggioritari (e probabilmente mai lo saranno) ma, come mostrano i Tea party, sono ormai ampiamente in grado di condizionare l'agenda politica. D'altronde fasce sempre più consistenti di cittadini sembrano attratte da questo radicalismo che, a colpi di slogan accattivanti, finge di semplificare la complessa realtà in cui viviamo, offrendo soluzioni a buon mercato su qualsiasi problema. In verità questo radicalismo populista è parte del problema e non certo la soluzione ma, se si è arrivati a questo punto, grandi sono le responsabilità delle forze moderate e riformiste, incapaci da tempo di offrire una buona politica.
Esse devono cioè tornare a offrire una prospettiva che risponda ai bisogni e alle inquietudini delle persone. Il continuo accrescersi della forbice sociale accentua le paure dei cittadini, facendo prendere quota alle soluzioni demagogiche, poiché l’estremismo nuota soprattutto nell’acqua delle iniquità e delle ineguaglianze. E per spezzare questo circolo vizioso, paura-estremismo, che rischia di travolgere la nostra convivenza civile c'è un'unica strada: rimettere al centro dell'agenda quei valori di equità e uguaglianza dimenticati in questi ultimi decenni di liberismo incontrollato. Nell'azione politica, che si parli di previdenza o di lavoro, di fisco o di immigrazione, deve esser pienamente visibile il filo conduttore di una generale equità, segno inequivocabile di una società più giusta. Questa è la buona politica che batte lo spettro populista, puntando sulla coesione sociale e facendo sentire i cittadini, tutti quanti, parte di un grande progetto condiviso.


Aldo Cantoni - 2013-10-15
Bravo Novellini! Concordo con la tua analisi. Mi permetto anche di suggerire, non certo solo a te, ma anche a me e a tutti coloro che condividono questa sensibilità, di approfondire le motivazioni che hanno portato i non estremisti ad essere così poco reattivi e propositivi come se la moderazione ed il buon senso dovessero condurre all' inerzia. Che manchi una spinta ideale generatrice di impegno?