Israele riapre dopo i vaccini



Paolo Girola    13 Marzo 2021       0

Da domenica 7 marzo Israele ha riaperto quasi tutto, comprese le scuole di ogni ordine e grado (ricordo che la giornata festiva per Israele è il sabato). Tutti ora parlano di Israele come di un esempio per l’uscita dalla pandemia da Covid-19, ma si sente poco di veramente approfondito sul tema.

Per studio e lavoro leggo on-line ogni giorno due quotidiani israeliani (“Haaretz” e “Jerusalem post”) e vorrei rendermi utile facendo circolare notizie un po’ più precise, così da far sì il dibattito in Italia sia un po’ meno superficiale.

Allora vediamo. Un elenco parziale delle riaperture in Israele include, oltre all’istruzione per tutti i gradi presso la maggior parte delle scuole, pranzi all'aperto in bar e ristoranti e per gli avventori con un "badge verde" (i vaccinati o guariti hanno una app che lo certifica) anche al chiuso. Riaprono anche hotel, sale per eventi e centri congressi. Saranno consentite riunioni fino a 20 persone all'interno e 50 all'aperto, comprese esibizioni dal vivo per i partecipanti con il “badge verde”. Saranno anche consentite le manifestazioni elettorali (Israele va verso le elezioni parlamentari il 23 marzo per eleggere i 120 membri della Knesset) con un massimo di 300 al chiuso e 500 persone all'aperto, per i pazienti Covid-19 vaccinati e guariti.

I tassi di test positivi sul totale non sono molto più bassi che in Italia, erano scesi al 5,2% il 1° marzo, dal 9,9% del mese precedente. L’indice RT resta attorno a 1.

Però il governo ha buone ragioni per agire come ha fatto, spiegano gli esperti israeliani: Israele è il Paese più vaccinato al mondo, con 4,8 milioni di vaccinati su una popolazione di 9 milioni. Delle persone di età pari o superiore a 50 anni, l'87% è stato vaccinato o ha avuto Covid-19. I ricoveri per coronavirus sono in forte e costante calo. Chiunque abbia almeno 16 anni è in grado di ricevere il vaccino da diverse settimane.

L'efficacia dei vaccini è stata ripetutamente dimostrata nelle ricerche condotte da organizzazioni sanitarie israeliane e pubblicate sulle principali riviste mediche.

Dunque, anche se i tassi di positività non sono bassissimi, in alcuni casi addirittura in lieve crescita, e la presenza di diversi ceppi di virus ha sollevato preoccupazioni, gli esperti sanitari affermano che la campagna di vaccinazione del Paese richiede un cambio di prospettiva. Il significato dell'aumento dell'infezione, soprattutto tra i bambini e i giovani, è molto diverso da un uguale aumento tra gli adulti e la popolazione a rischio: “Il numero R ha un significato diverso quando si applica a una popolazione con un rischio ridotto di infezione o che si ammala gravemente del virus”, sottolinea Haaretz. E il quotidiano aggiunge :“Israele è a questo punto un pioniere globale in termini di vaccinazione e dei suoi effetti. I nostri alti tassi di inoculazione ci stanno rendendo un banco di prova per quanto e in che misura i Paesi possono fare affidamento sulle vaccinazioni come strumento per riavviare l'economia, l'istruzione e la cultura”.

Insomma, l’esempio di Israele, citato da molti commentatori e politici in tanti talk show, mette ancor più in evidenza le nostre inefficienze, a partire dal pasticcio dei vaccini, dalle lentezze burocratiche europee: leggo da alcuni giorni che l’agenzia europea del farmaco Ema si riunirà il 13 marzo, con calma… Mentre solo ora si sta apprestando un piano per produrre vaccini in siti italiani. Non si poteva pensarlo 4 o 5 mesi fa? Ora saremmo quasi in grado di produrli.

Carenze che hanno portato alla crisi del governo Conte, accusato anche di non essere in grado di fare un adeguato Recovery plan e dare in tempi brevi i ristori. Su questi temi si dovrà valutare il nuovo governo.


Il primo dei commenti

Lascia un commento

La Tua email non sarà pubblicata.


*