Conte in Parlamento: o la va o la spacca



Aldo Novellini    18 Gennaio 2021       2

Saremo pure una Repubblica parlamentare, ma quasi nessun Governo, venendo meno la maggioranza che lo sosteneva, si è presentato in Parlamento per un voto chiarificatore. La regola era di evitare il verdetto dell'aula, per aprire invece una nuova fase con rimpasti o percorsi del genere. Gli unici a sfuggire a questa logica un po' contorta sono stati Romano Prodi e Giuseppe Conte. Guarda caso, ma forse caso non è, due uomini prestati alla politica dalle loro rispettive professioni: economista il primo, avvocato il secondo.

Per entrambi sappiamo anche come è andata a finire: Prodi battuto due volte e Conte una. Ma per ambedue un'uscita a testa alta che al professore di Volturara Appula ha fruttato addirittura poi la riconferma a palazzo Chigi alla guida – con una piroetta politica più unica che rara – di una maggioranza opposta a quella diretta in precedenza.

In ogni modo, riferire in Parlamento e attendere il suo voto è il metodo più consono al modello parlamentare ma, soprattutto, più rispettoso dei cittadini. Essi infatti, ascoltando gli interventi in aula sono in grado di farsi un'idea della situazione, di valutare le scelte che vengono fatte o non fatte per poi, magari, tenerne conto al momento di infilare la scheda nell'urna.

Conte, dunque, si reca per la seconda volta dinanzi a Camera e Senato per verificare la tenuta del suo Governo, messa in forse, come ben sappiamo, dall'inopinata fuoriuscita dalla maggioranza di Italia viva. Andare in aula è un rischio. O ci sono i voti, sia a Montecitorio che a palazzo Madama, e il Governo, pur rimaneggiato, si mantiene in vita, oppure, mancando i voti, si cambia rotta e tra le molteplici vie di uscita potrebbe anche scapparci lo scioglimento anticipato della legislatura.

Certo, votare con una pandemia in corso – anche la destra dovrebbe convincersene – non è proprio la cosa più facile del mondo, tra rischi di assembramenti sia nei comizi (ammesso che si possano fare) che ai seggi. Per di più con l'emergenza economica che si aggiunge a quella sanitaria, perdere tre mesi in attesa di un nuovo Governo è un lusso che non possiamo davvero permetterci.

C'è dunque da sperare che dalle due assemblee emerga, anche in nome di una certa continuità da spendere sui tavoli europei, una maggioranza favorevole a Conte. E qui sorge il problema. Quale maggioranza è davvero possibile senza il consenso di Italia viva che, sebbene in politica non si possa mai dire mai, non gode più del supporto dei vecchi alleati? Il problema sarà trovare i voti mancanti qua e là nell'aula, specie in Senato dove i numeri per Conte sono decisamente sfavorevoli. Impossibile fare previsioni. Anche perché tutto è in perenne movimento, in un'alternanza di pronostici positivi e negativi.

Nei giorni scorsi sembrava che i giochi fossero pressoché fatti con la nascita del gruppo dei “costruttori”, ma poi tutto è tornato in discussione. Di certo, a favore di Conte, potrebbe giocare la paura di un ritorno alle urne che, complice la riduzione del numero dei parlamentari, per molti significherebbe l'addio per sempre al seggio. Ma potrebbe anche prevalere la volontà di liberarsi di lui, a dispetto del fatto, o forse proprio per questo, che si tratti del leader politico di gran lunga più popolare nel Paese. Sarà anche da vedere se l'attivismo dei coniugi Mastella condurrà a qualcosa.

Se poi in Parlamento neppure le “truppe mastellate” serviranno a salvare Conte, per lo meno l'avvocato del popolo sarà caduto in piedi. Il che non è poco.


2 Commenti

  1. Per parte mia, condivido tutte le deplorazioni per l’irresponsabilità di Renzi nell’aver portato a un vicolo cieco -e in una contingenza particolarmente difficile per il mondo e per l’Italia- un atteggiamento critico, pur in buona parte giustificato.
    Mi permetto però di non condividere le globali “assoluzioni” e addirittura l’ammirazione per il Presidente del consiglio, che mi sembra piuttosto associare, a un’indubbia e non comune capacità di muoversi in ambiti a lui anteriormente ignoti, un livello assai alto di spregiudicatezza trasformistica (sino a bollare senza appello e di autogiustificazionismo.
    La comprensibile volontà di non agevolare il gioco di Salvini -ma forse non solo essa- ha fatto accettare al PD, un anno e mezzo fa, l’assurda pregiudiziale positiva su quel nome da parte dei cinquestelle. Non ho nessuna fiducia che i continui ricatti, di questo o d’altro genere, verranno facilmente meno o saranno finalmente respinti. Per quel che vale, il mio augurio che quantomeno la dirigenza di “Insieme” sia oggi davvero ferma nel non dare a Conte una ulteriore stampella, oltre a quelle (le quali non hanno tutte la nobiltà del passato e del presente di Liliana Segre) che sta cercando (e ottenendo) in Parlamento.

  2. I voti della camera e del senato hanno concesso un’ulteriore riserva di ossigeno ad una maggioranza che, dopo la defezione di Italia Viva, si ritrova ancora più asfittica.
    È un momento in cui, per i noti gravissimi problemi, sono richiesti coraggio, fermezza e anche l’azzardo di costruire maggioranze, se necessario, anche giorno per giorno.
    Senso dello Stato e una buona dose di realpolitik esigono di procedere e di rispettare le ineludibili scadenze.
    Per Conte e la sua compagine più che un augurio un’esortazione.

Lascia un commento

La Tua email non sarà pubblicata.


*