Prima dello scoppio, una proposta autonoma



Andrea Tomasi    11 Giugno 2019       0

L’Italia è sottoposta a un cumulo di tensioni, per l’esito del voto e l’avvicinarsi delle scadenze economiche, con al primo posto la trattativa con l’Europa sul procedimento di infrazione e , subito dopo, la legge di stabilità di quest’anno, a cui si sono aggiunte le prime risultanze dell’inchiesta che coinvolge Palamara, Lotti e il CSM sulle nomine dei magistrati.

Il sommovimento in atto non si sa ancora dove potrà portare. Le dichiarazioni del Presidente Conte hanno messo momentaneamente un punto fermo, ma la situazione appare quella di una polveriera dentro la quale passa di mano in mano un cerino.

In questo scenario turbolento, chi ritiene che il cattolicesimo in politica sia chiamato, da sempre, a svolgere un ruolo in prima persona per il bene del Paese è interpellato in maniera particolare. Per la situazione contingente, e per come ci si è arrivati.

Le analisi del voto si moltiplicano e si arricchiscono di interventi di grande interesse, come gli editoriali sui principali quotidiani (penso a quello di Panebianco sul Corriere) e quelli pubblicati su vari siti di discussione politica: politica insieme, il domani d’Italia, il sussidiario, e altri ancora.

I tentativi di riaggregazione del voto cattolico con una proposta politica originale sembrano smentiti dalle urne, ma una attenta analisi del voto, sulla base dei dati elaborati da IPSOS e dall’ Istituto Cattaneo permettono di arrivare a conclusioni meno definitive e più incoraggianti. Per dare alla riflessione una base meno empirica delle impressioni o dei desideri personali partirei da qui.

COSA DICONO I DATI

L’analisi dei flussi elettorali porta a concludere che il PD non ha esercitato forza attrattiva rispetto alle elezioni politiche 2018, ma ha recuperato qualche consenso a sinistra e ha interrotto il crollo verticale delle ultime consultazioni. La Lega ha attratto una significativa quota di votanti di Forza Italia e dei 5stelle, perdendo relativamente poco verso l’astensione. I voti persi dai 5stelle sono andati in maggioranza verso l’astensione, e in quote comunque significative verso la Lega. Forza Italia ha invece perso tantissimo verso l’astensione e verso la Lega. Si può concludere che il PD è vivo ma isolato, la Lega sta fagocitando progressivamente il voto “di chi vota” ma non attrae gli astensionisti, che i 5stelle “smarcandosi” dal governo perdono voti. Che Forza Italia è in declino irreversibile, non arrestato dall’ingresso di esponenti di “area ex-democristiana”. Il dato reale sulle percentuali di voto vede il 44% di astensioni, il 19,6% alla Lega, circa il 13% al PD, il 9,5% ai 5stelle, circa il 5% a Forza Italia e il 3,6% a FdI. Seguono +Europa con meno del 2% e gli altri con percentuali insignificanti. I Popolari di Mauro e il PDF di Adinolfi ottengono tra tutti e due 200mila voti, pari a 0,5% in totale.

Gli elettori definiti “moderati” non hanno votato perché, in un clima di scontro tra tifoserie, le persone riflessive si allontanano, come chi apprezza il buon calcio preferisce guardarlo in televisione, se lo stadio diventa un campo di battaglia. Gli elettori, che hanno assistito ad una campagna elettorale che ha concentrato l’attenzione su Salvini e Di Maio, facendo “sparire” mediaticamente tutte le altre formazioni, non hanno trovato proposte convincenti perché si richiamavano a un mondo (passato) che gli elettori non apprezzano più, e che considerano la causa della situazione attuale di insicurezza per il lavoro e di incertezza per l’identità valoriale.

I dati aiutano a capire se c’è uno spazio elettorale possibile, per una proposta politica diversa. E lo spazio c’è, se solo si riesca a fare proposte “attraenti” verso il “popolo degli astensionisti”. Ma quale “mobilitazione” è possibile? Non basta infatti l’esistenza di una richiesta di “buona politica”, ma occorre intercettarla con proposte all’altezza delle attese.

L’ORIENTAMENTO POLITICO DEI CATTOLICI

I dati IPSOS ci aiutano a comprendere l’orientamento di voto dei cattolici.

Tenendo conto dei diversi valori di astensionismo, si vede che chi ha una frequenza assidua (settimanale) ha votato PD appena sopra la media (13% rispetto a 12,3%), Lega e 5stelle sotto la media (rispettivamente 15,8% rispetto a 18,6% e 6,9% rispetto a 9,3%).

Tra i frequentatori saltuari la situazione si capovolge: PD all’11%, Lega al 21,3%, 5stelle 8,9% (la media rimane ovviamente la stessa). Il dato dell’astensione è notevolmente più alto della media tra chi frequenta settimanalmente (52%) mentre cala tra chi frequenta saltuariamente. A mio avviso questo conferma che il voto cattolico, non trovando una proposta convincente, per la maggior parte si è astenuto. L’invito a scegliere in coscienza “il male minore” non ha funzionato. Forse perché tra i cattolici praticanti, almeno tra quelli che non sono pregiudizialmente schierati, è ancora presente la convinzione che i “valori sociali” sono inscindibili dai “valori personali”, e che non rientrano tra i primi “il respingimento” e “il salario senza lavoro”, mentre non rientrano tra i secondi “le maternità surrogate”, l’equiparazione delle unioni civili al matrimonio e la legalizzazione dell’eutanasia.

La sensazione è che si stia definitivamente chiudendo una stagione. A mio modestissimo giudizio si è affermata ormai nell’immaginario collettivo l’impressione che la “vecchia politica”, cioè i partiti-guida della stagione precedente al 2014 e le persone che li rappresentano non possano più proporsi con ruoli da protagonisti. PD, FI, gli spezzoni ex-democristiani non hanno più forza attrattiva. Nonostante la grande mobilità del voto elettorale, la Lega rappresenta una forza di governo in tutte le regioni del nord e da voce a un “sentire popolare” che non può essere semplicemente condannato, ma va interpretato. E i “partiti storici” non sembrano in grado di farlo. Anche realtà come il PPI di Mauro e il PDF di Adinolfi, nell’assetto attuale, credo non ne siano capaci, per difficoltà comunicative e per difetto di strategia politica.

COME PROGETTARE IL FUTURO

Le scelte possibili sono diverse. Se si escludono quelle immediatamente partitiche di schierarsi fin d’ora, scelta legittima, ma che i dati mostrano impietosamente minoritaria nell’ambito cattolico, ne rimangono sostanzialmente tre: un impegno pre-politico che prepari una futura nuova stagione, un nuovo tentativo di dare vita ad una aggregazione “centrista” orientata a costituire un fronte alternativo a quello populista-sovranista, in nome della difesa della democrazia e della Costituzione, infine la scelta di costituire una nuova “forma-partito” di ispirazione cristiana e di pratica politica laica. Per il momento, invece, non sembra avere spazio, né di progettualità né di agibilità politica, l’idea di un’area centrista in grado di allearsi con la Lega “temperandone” certi atteggiamenti.

Tento alcuni considerazioni, sulle scelte possibili e su come attuare quella che risulta, a mio giudizio, più convincente, per aprire un confronto che possa portare ad una iniziativa positiva in tempi brevi.

a) L’ impegno pre-politico si deve confrontare con l’esigenza di tempi lunghi, che in questa stagione della storia possono dar luogo a molteplici e ripetuti cambiamenti, con evoluzioni del quadro politico che vanno “accompagnate”, non semplicemente studiate dall’esterno. L’altro aspetto che rende debole questa proposta è, a mio avviso, la inevitabilità di indicare attori politici su cui far convergere i consensi, ottenendo così l’effetto di far apparire come una sorta di “scuola quadri” di partito una iniziativa che si dovrebbe invece proporre obiettivi formativi rivolti alla comunità cristiana.

b) Una formazione centrista come elemento costitutivo di una coalizione “frontista”. Scelta legittima, che ricalca attualizzandola la “proposta dell’ulivo” prodiano. Ma i tempi sono cambiati, e le tendenze di voto sembrano ormai non lasciare spazio per nostalgie di questo tipo. Che potrebbero portare ad un consenso ampio più di quello attuale per il PD, al prezzo di una rinuncia a valori identitari essenziali e senza raggiungere la quota di consenso sufficiente per governare.

c) Una formazione nuova, autonoma, indipendente dagli schieramenti, che in quadro di voto proporzionale si rivolga agli elettori con una identità precisa, con forti valori di riferimento, con un programma chiaro su alcuni punti che l’elettorato possa considerare essenziali e determinanti nell’attribuzione del consenso. Credo che sarebbe questa la realtà con maggiore valore di prospettiva, ma è anche quella che in questo momento ha bisogno delle maggiori cure e attenzioni per svilupparsi compiutamente.

Ne indico pertanto alcune:

il linguaggio. La comunicazione politica oggi si fa con i social, non solo perché vanno usati, ma anche perché occorre adattarsi alla cultura che diffondono, al pubblico che li frequenta. Ed è una cultura maggioritariamente “nazional-popolare”. Può non piacere, ma questo è il dato di realtà, condiviso da sostenitori e detrattori, come risulta dalle interviste di Annalisa Chirico su “Il Foglio” del 3 giugno.

l’identità del nuovo partito. Il meccanismo proporzionale di voto e il linguaggio della comunicazione politica impongono di presentarsi agli elettori con una identità chiara. Non bastano più generiche affermazioni di diversità, o astratte declamazioni di principi generali. L’oggi della politica impone di scegliere, nella chiarezza. Il che non significa, a mio avviso, che si debba scadere nei toni e nei modi dell’arroccamento sulle proprie ragioni: si può essere identitari anche con atteggiamenti inclusivi, ed essere per questo più convincenti di chi si limita a proclami e slogan.

la rappresentazione dei media (TV e quotidiani). C’è un controllo eccessivo del potere politico su quello dell’informazione, che crea “bolle mediatiche” usate con molta abilità dagli “spin doctor” delle forze di governo; per “forare la bolla” occorre una comunicazione capace di scompaginare il contesto, di cambiare la cornice comunicativa.

il leaderismo, che vale soprattutto come capacità di tenere la scena; un fenomeno che impone a mio avviso di uscire dalla logica del muoversi “dietro le quinte” per affrontare le luci del confronto pubblico; non è necessario, io credo, identificare un’unica persona , ma occorre che il gruppo che coordina la strategia sia capace di valutare il quadro complessivo, e non solo qualche personale convenienza.

l’astensione, in particolare quella dei cattolici, fa comodo a molti, soprattutto ai vari strateghi a tavolino di nuove formazioni (purché guidate dai soliti “addetti ai lavori”), alle forze di governo, e a quelle di opposizione, che potrebbero veder messo in discussione il loro ruolo dovendo confrontarsi con una nuova area di rappresentanza politica.

i temi. Ritengo che le urgenze vadano individuate in base anche alle preoccupazioni prevalenti percepite dagli elettori. Più che affermare i principi della dottrina sociale, o disegnare “nuovi modelli di sviluppo”, credo che occorra tradurli in programmi concreti e realizzabili. Le mie personali urgenze, ovviamente discutibili, sono:
a) il tema del lavoro, e del lavoro nel futuro, quando la tecnologia sarà ancora più presente di quanto già non lo sia ora;
b) il tema della famiglia, comunità necessaria per lo sviluppo della persona, cellula primaria della società, da sostenere e da distinguere dalle altre forme di unioni;
c) il tema della vita, compressa tra “cultura dello scarto” e “arbitrarietà dei diritti individuali”;
d) i temi del confronto tra Europa e Italia, che richiederebbero una progressiva unificazione europea in tanti ambiti: le compatibilità economiche tra sviluppo e riduzione del debito, tra esigenze del welfare e risorse fiscali e previdenziali, la gestione dei flussi migratori.

In questo momento non si può essere del tutto ottimisti sulla nascita di questa nuova formazione, perché ancora troppe persone ritengono di proseguire il cammino che ha dato finora scarso frutto, ma sono anche convinto che se non si parte dal fare rete tra le realtà e le singole persone territorialmente presenti, se non si accetta davvero l’idea che il gruppo promotore di questa impresa sia, per storia personale e per convinzione manifestata, coeso sulla linea politica da perseguire, nulla nascerà che non sia ripetizione di cose già viste.

E credo anche, per concludere, che ci sia ancora uno spazio di lavoro da fare nel confronto e nella discussione, per arrivare a chiarire con certezza le posizioni e gli obiettivi da perseguire.

(Tratto da www.politicainsieme.com)


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