I veri nemici di Francesco



Adolfo Maria Perez Esquivel    25 Ottobre 2018       1

Rilanciamo un intervento del premio Nobel per la Pace nel 1980 Pérez Esquivel, pacifista argentino, che denunciò gli abusi della dittatura militare argentina negli anni settanta del XX secolo, pubblicata su “La Repubblica” del 14 ottobre scorso per la traduzione di Luis E. Moriones.

 

Papa Francesco sta orientando la Chiesa verso quei luoghi che il mondo non vuole vedere, compresi quelli che stanno dentro al Vaticano. Combatte la cultura dello scarto, critica le ingiustizie provocate dal capitalismo e ne indica i principali responsabili, parla di decolonizzazione nei Paesi periferici, combatte la corruzione del Vaticano e la pedofilia dei sacerdoti, è intervenuto per la pace in Siria, ha riconosciuto lo Stato palestinese, ha denunciato il traffico di droga e la violenza quando ha visitato il Messico, ha interpellato l’Unione europea perché si assuma responsabilità nella crisi migratoria, ha sostenuto il dialogo tra USA e Cuba, la pace in Colombia, ha messo a rischio la propria vita recandosi in zone di guerra in Africa, e tanti altri esempi si possono fare di un papato come se ne sono visti pochi nella storia.

Tutto questo ha un costo politico, un costo alto, perché intralciare gli interessi dei più potenti non è un compito facile. Ci addolora che alcuni, che si dicono credenti, non capiscano il profondo bisogno di rinnovamento di cui ha bisogno la Chiesa di fronte alle attuali sfide nel mondo.

I primi passi li fece papa Giovanni XXIII quando disse: «Voglio spalancare le finestre della Chiesa affinché noi possiamo vedere che cosa succede fuori e il mondo possa vedere che cosa succede all’interno della Chiesa». E fu così che aprì il Concilio Ecumenico Vaticano II, dando un nuovo impulso di speranza alla Chiesa cattolica. Vennero poi gli incontri dell’episcopato latinoamericano di Medellín, Puebla, Santo Domingo e Aparecida, con il principio dell’opzione preferenziale per i poveri.

Francesco affronta le sfide vissute dall’umanità ma al contempo deve sopportare i continui attacchi, le ingiurie e le menzogne provenienti da gruppi di vescovi e cardinali a lui contrari, che mettono in discussione la sua azione pastorale. La promozione mediatica ottenuta dalle dichiarazioni infondate dell’ex nunzio Viganò dimostra una campagna denigratoria che suscita profonda preoccupazione nei cristiani di tutto il mondo.

Vogliamo tutti che si chiariscano e si sanzionino i casi aberranti di pedofilia e per questo la domanda che in tanti ci facciamo è: perché danno la colpa al nuovo Papa, che sta facendo tutto quello che può per riconoscere e combattere gli abusi sessuali dentro e fuori dalla Chiesa, come non era mai avvenuto in precedenza?

Non posso tacere di fronte a tanta ingiustizia e all’odio che si manifesta contro il pontefice rinnegando tutto il suo operato di Pastore custode della casa comune e del popolo di Dio, di Pastore che non nasconde le ombre della storia, che chiede perdono a nome della Chiesa e cerca riparazione facendo suo il dolore profondo del male fatto ai popoli indigeni durante la conquista europea, nella complicità con le dittature latinoamericane e nei casi di abuso sessuale. Per questo, fatto inedito, ha creato una Commissione pontificia per la protezione dei minori, ha rimosso diversi sacerdoti con alte posizioni gerarchiche, ha convocato un sinodo dei giovani e a febbraio 2019 riunirà i presidenti delle Conferenze episcopali del mondo con l’obiettivo di sradicare gli abusi sessuali. La sua politica l’ha espressa con enorme chiarezza: «Le ferite non vanno mai prescritte» e «non scompaiono mai», dunque dobbiamo dire «mai più alla cultura dell’abuso».

Il reverendo Luther King, mio collega nel Nobel, diceva: «La tragedia principale non è l’oppressione e la crudeltà dei cattivi, ma il silenzio dei buoni».

Francesco ci propone un progetto: un dialogo interreligioso per la cura della casa comune e il rispetto della dignità umana. Per questo la Laudato si’ è la prima enciclica papale rivolta a tutta l’umanità, non solo ai cristiani. Non restiamo in silenzio. Facciamo quello che ci chiede: preghiamo per lui. E se qualcuno non può pregare ma è d’accordo con questo progetto umanista, può fare quello che egli chiese in Bolivia di fronte ai movimenti popolari: «Vi chiedo, con rispetto, di pensare a me e di mandarmi vibrazioni positive».


1 Commento

  1. Concordo su tutto, ma mancano i rimedi per uscirne! Quali sono le proposte valide – nella società di oggi – per far uscire Francesco dall’assedio che lo attanaglia e condiziona? Grazie

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